Stefano Rosso, tra provocazione e libertà*
“Libertà/ io t’ho dato tutto/ anche i testi e la mia voglia di cantare/ Pensare che volevo fare il violinista/ e mi ritrovo a far canzoni da estremista.” Stefano Rosso, Libertà
Siccome da qualche parte bisogna cominciare, cominciamo proprio dallo Spinello. Il famigerato Spinello che nel 1976 diventa simbolo dei tic giovanilisti dell’epoca (“che bello, due amici, una chitarra e uno spinello”). Nonostante il robusto airplay, mai canzonetta è stata tanto fraintesa – chi l’ha assunta a manifesto ideologico, chi a inno alla droga leggera, chi a emblema del ripiegamento sul privato, chi a invito qualunquista –, il che la dice lunga sulla sciatteria con cui si guarda, di solito, alle canzoni di Stefano Rosso. Ragione per cui il suo nome figura poco e male nei dizionari perbene dedicati alla canzone. Liquidato in una manciata di righe concentrate soprattutto sullo Spinello (che poi, in realtà, si intitolerebbe Una storia disonesta), autore-fautore della droga libera, e quasi mai sui topoi autoriali di cui Rosso è stato portatore sano: la risata amara, l’autobiografismo, la malinconia, l’irriverenza, il disincanto.
C’è anche da dire che nell’Italia para-rivoluzionaria del 1976, la denuncia semiseria non andava di moda, tiravano di più le strofe all’arrabbiata, e se ironia proprio doveva essere che fosse feroce, come quella del ‘primo’ Bennato. A essere disincantanti, spoliticizzati, distanti da rigide collocazioni ideologiche, si correva insomma il rischio dell’aporia (è successo a Gianfranco Manfredi, e in parte anche a Rino Gaetano, rivalutato solo dopo morto). Resta il fatto che, con la quasi coeva… e allora senti cosa fo’ (“Quante storie di ragazzi/ innamorati pazzi/ avete già ascoltato/ la mia però è diversa/ amo una ragazza bionda/ alta, magra/ con la verginità persa”), Lo spinello viene a costituire un dittico efficacissimo sulle nevrosi ideologiche (tra i tanti pregi) dell’universo movimentista dell’epoca. In Una storia disonesta il clima coatto, da comune obbligatoria, in …e allora senti cosa fo’ un rapporto di coppia aggrovigliato tra gli imperativi categorici dell’epoca: “coppia aperta” e femminismo in primis (“la … è mia e me la gestisco io”). In entrambi i casi il tono è sorridente, divertito, senza pretese apparenti…
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*Estratto dal libro Che mi dici di Stefano Rosso? Fenomenologia di un cantautore rimosso, Mario Bonanno e Stefania Rosso, Edizioni Paginauno