Cultura alta e cultura bassa ovvero pensiero critico. La ciclica querelle che investe il mondo della musica italiana
Se i tempi sono bui, bisogna cantare dei tempi bui, verseggiava Brecht sfidando a viso aperto l’abulia. Le canzoni sono specchio degli anni e dei contesti in cui si scrivono: dopo il decennio pregnante della canzone d’autore, nell’attuale età della restaurazione e dell’afasia generalizzate, basta scorrere palinsesti radiotelevisivi e scalette di premiuzzi e festivaletti vari, per ricavarne la colonna sonora della fine. Non sfuggono all’uniformismo i maître à penser (i maestri di pensiero presunto) chiamati a esprimersi sulle fattispecie canore, megafoni di pensiero addomesticato e declinante anche loro. In una intervista ad Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera del 24 novembre 2024, il liceale-eterno-qualunquista Lorenzo Jovanotti invece che mordersi la lingua ha professato: “Non sono critico verso i cantautori, e non è neppure un giudizio. Semplicemente, non mi convince la distinzione tra cultura alta e cultura bassa. Gloria di Umberto Tozzi ha nulla da invidiare alla Locomotiva di Guccini. I miei preferiti sono Dalla e Battiato, proprio perché sono molto pop. Ma anche De Gregori lo è”.
Soltanto una sinistra (sedicente) alla canna del gas poteva e può sdoganare intellettualoidi siffatti come epitomi di pedagogismo musicale. Nessuna distinzione tra alto e basso culturali? La spessa capacità di verseggiare di Guccini equiparabile alle orecchiabili reiterazioni verbali di Umberto Tozzi? (“Glò-rìa, glo-rii-à, manchi tu nell’aria/ manchi come il sale…”; per tacere dei “Ti-aaamo, ti-aaamo-ti-aaamo-ti-amo-ti…” ripetuti ad libitum nella traccia omonima). L’interrogativo è pleonastico, che risposta puoi aspettarti da un rapper ecumenico che “pensa positivo” contro ogni evidenza planetaria?, salmodiando che “a questo mondo/ esista solo una grande chiesa/ che passa da Che Guevara/ e arriva fino a madre Teresa/ Passando da Malcom X/ Attraverso Gandhi e San Patrignano”? Un altro modo di dire Albano-De Gregori-Maneskin-Vecchioni-Achille Lauro-Fossati tutti uguali. Ma che, siamo in un film di Alberto Sordi?, sbraitava Moretti nel profetico Ecce bombo… Piuttosto che sparare a zero, con la misura di uno “cresciuto fra i saggi ignoranti di montagna che sapevano Dante a memoria e improvvisavano di poesia”, il 19 dicembre Francesco Guccini puntualizza sul tema, peraltro dietro sollecitazione: “La locomotiva è una canzone di andamento popolare, potrebbe quindi essere presa come canzone popolare, come canzone semplice. Nella sua complessità è una canzone semplice. Ma dietro a tante altre mie canzoni, Amerigo per dirne una, Van Loon per dirne un’altra, Odysseus, un’altra delle ultime, ci sono libri, ci sono letture. Non vorrei usare una parola grossa come cultura, ma c’è cultura. Gloria è una bella canzone, è una canzone che si ascolta volentieri, però non ha una storia dietro, non ha dietro qualcosa che la avvicini alla cultura, a libri letti per scriverla. Alla base di alcune canzoni c’è insomma un lavoro intellettuale, un mondo diverso che, senza per forza distinguere fra canzoni di classe A e canzoni di classe B, in Gloria non si vede, non c’è. Anche se è una bella canzone, una canzone simpatica”.
E questa è stata la blanda querelle di fine anno 2024. Una querelle per addetti ai lavori, in quanto alla massa addomesticata non frega ormai niente di niente; una querelle ‘a salve’ come ogni querelle mediatizzata…
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