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Home Politica Guerra

Stati Uniti e Israele: la messinscena dell’ultimatum

Rivista Paginauno by Rivista Paginauno
4 Gennaio 2025
in Guerra
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Stati Uniti e Israele: la messinscena dell’ultimatum

Fonte: "The Gaza Scorecard", Report di Anera, CARE International, MedGlobal, Mercy Corps, Norwegian Refugee Council, Oxfam, Refugees International e Save the Children, novembre 2024

  • (Paginauno n. 89, gennaio – febbraio 2025)

La lettera di Blinken e di Austin a Netanyahu, la violazione del Diritto Umanitario Internazionale e delle leggi statunitensi sulla fornitura di armamenti, le diciannove condizioni che Israele non ha rispettato, l’imbarazzante balbettio del portavoce del Dipartimento di Stato USA; mentre a Gaza viene implementata la prima fase del “piano dei generali”. Il Report di Anera, CARE International, MedGlobal, Mercy Corps, Norwegian Refugee Council, Oxfam, Refugees International e Save the Children

Il 13 ottobre scorso il Segretario di Stato statunitense Antony Blinken e il Segretario della Difesa Lloyd Austin sottoscrivono una lettera indirizzata al ministro israeliano per gli Affari Strategici Ron Dermer e all’allora ministro della Difesa Yoav Gallant; il 15 ottobre la lettera trapela ai media (1). Vi si legge la consapevolezza, da parte degli USA, della catastrofe umanitaria in corso a Gaza per mano della campagna militare israeliana: il blocco di Israele degli aiuti umanitari, il rifiuto o l’impedimento al movimento nord-sud di Gaza di quasi il 90% degli aiuti che riescono a entrare, le “numerose evacuazioni che hanno forzato 1,7 milioni di persone in una ristretta zona costiera, creando una situazione di sovraffollamento a forte rischio di contagio di malattie letali”. Ne consegue, scrivono i due Segretari statunitensi, che gli USA potrebbero trovarsi nella situazione di dover fermare l’invio di armamenti a Israele “ai sensi della Sezione 620i del Foreign Assistance Act”, che sancisce l’interruzione dell’assistenza alla sicurezza a un governo straniero che limiti gli aiuti umanitari statunitensi. Per scongiurare l’eventualità, Israele deve mettere in atto pratiche concrete volte a modificare la situazione sul campo – indicate in un dettaglio di 19 punti che Blinken e Austin elencano – nel tempo limite di 30 giorni.

In tutta evidenza, fissare una scadenza a 30 giorni è già di per sé un crimine: se le condizioni della popolazione civile di Gaza già rappresentano – da mesi – la catastrofe umanitaria a causa della condotta di Israele, al punto da costringere il governo USA a inviare una lettera formale che dettaglia in 19 punti le azioni da intraprendere per mettere fine alla violazione del diritto statunitense, perché concedere a Israele 30 giorni in più? Quante altre persone moriranno in quei 30 giorni, di violenza, di fame, di malattie?

A ogni modo, i 30 giorni passano e il 12 novembre un gruppo di ONG – Anera, CARE International, MedGlobal, Mercy Corps, Norwegian Refugee Council, Oxfam, Refugees International e Save the Children – pubblica un Rapporto (2) nel quale analizza, punto per punto, se Israele abbia o meno implementato le richieste degli Stati Uniti. Il risultato è inequivocabile: nessuna richiesta è stata pienamente realizzata, quattro sono state parzialmente – e insufficientemente – attivate, quindici sono state del tutto disattese. È dunque la fine del sostegno militare statunitense a Israele? Ovviamente no. Lo stesso giorno Vedant Patel, portavoce del Dipartimento di Stato USA, arranca incalzato dalle domande dei giornalisti in una imbarazzante conferenza stampa (3), ripetendo una evidente insensatezza: “Abbiamo visto dei passi avanti nella politica di Israele in questi 30 giorni… valuteremo costantemente la situazione sul campo… la valutazione a oggi è che Israele non stia violando la legge degli Stati Uniti. Ho visto il Report delle otto ONG ma non commento la valutazione fatta da queste organizzazioni umanitarie”. Perché il governo degli Stati Uniti ha dato una scadenza a Israele, insistono i giornalisti, se nulla accade nel momento in cui Israele non la rispetta: gli state fornendo un lasciapassare. Patel replica con le medesime surreali parole.

Nel frattempo, come evidenziato nel Report delle otto ONG che qui pubblichiamo in estratto – con traduzione a cura di Paginauno – “Israele non solo non ha supportato la risposta umanitaria, ma ha contemporaneamente adottato misure che hanno peggiorato drasticamente la situazione sul campo, in particolare a Gaza Nord, e la realtà è in uno stato ancora più disastroso rispetto a un mese fa”. L’80% della Striscia rimane sotto ordine di evacuazione e l’intera popolazione di Gaza Nord è “a rischio imminente di morire di malattie, carestia e violenza”, mentre “Israele ha respinto per tutto il mese le molteplici richieste presentate quotidianamente per il trasporto di materiali per l’inverno, tra cui coperte, forniture per il riscaldamento e vestiti” e ha più che raddoppiato rispetto a settembre le mancate autorizzazioni al movimento degli aiuti umanitari. Secondo i gruppi per i diritti umani israeliani, il governo di Netanyahu sta implementato la prima fase di un cosiddetto “piano dei generali”, che prevede lo svuotamento della parte settentrionale di Gaza e la sua trasformazione in zona militare. Mentre gli Stati Uniti – e i Paesi europei – balbettano parole inconsistenti.

Scheda di valutazione su Gaza. Israele non ottempera alle richieste degli Stati Uniti di accesso umanitario a Gaza

Sintesi

[…] Il 13 ottobre 2024, i Segretari di Stato e della Difesa degli Stati Uniti hanno sottoscritto una lettera che chiedeva a Israele di compiere, entro 30 giorni, progressi e misure concrete per invertire la spirale della situazione umanitaria, [individuando 19 condizioni]. Le richieste sono in linea con i requisiti legislativi degli Stati Uniti ai sensi della Sezione 620i del Foreign Assistance Act, che richiede al Presidente di interrompere l’assistenza alla sicurezza a qualsiasi governo straniero che limiti gli aiuti umanitari statunitensi. Si tratta di requisiti a termini di legge che sopravviveranno a politiche o iniziative dell’amministrazione Biden – come la lettera del 13 ottobre – e si applicheranno anche all’amministrazione entrante sotto il Presidente eletto Trump. Tali requisiti sono pertinenti anche all’impegno di altri Paesi nei confronti del governo israeliano. Queste metriche concrete, qui analizzate, dimostrano l’incapacità di Israele di rispettare la legge degli Stati Uniti, e sottolineano contemporaneamente la sua incapacità a rispettare i propri obblighi ai sensi del Diritto Umanitario Internazionale.

Questa scheda fornisce una valutazione indipendente della conformità di Israele a tali parametri concreti e, per estensione, al diritto statunitense e internazionale…

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Tags: israelepalestinaStati Uniti
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