La critica del capitalismo nel cinema di J.C. Chandor
Tra i registi più interessanti del panorama statunitense, Jeffrey McDonald Chandor – in arte J.C. Chandor – occupa sicuramente un posto di rilievo. Il suo è un cinema del dettaglio, che non teme di confrontarsi con gli aspetti tecnici dei mondi che si propone di analizzare nei suoi film, siano essi gli uffici di Wall Street, un’azienda legata al commercio e alla distribuzione di olii combustibili o una società privata di servizi militari. Il motivo conduttore è sempre una feroce critica al sistema capitalistico, un Leviatano di fronte a cui gli esseri umani scompaiono come individui per essere ridotti a mere funzioni. Risulta allora programmatica anche un’altra caratteristica del cinema di Chandor – ciò che in altri contesti sarebbe da considerarsi un grave errore narrativo, ma che qui si pone, al contrario, come una felice scelta stilistica in rapporto al tema – ovvero la quasi totale assenza di informazioni riguardo al passato dei personaggi. Nel momento in cui elementi di tale passato emergono, lo fanno in maniera, per così dire, casuale e frammentaria.
Se è il Capitale a regolare la vita di chiunque, se tutti siamo sussunti al Capitale in un modo o nell’altro, allora anche la storia personale di ciascuno non può che rivelarsi la storia di tale sussunzione, e il dettaglio tecnico, più che la memoria, si presenta come un elemento chiave per comprendere la psicologia di ogni personaggio. Insomma, in un mondo ormai reificato al parossismo, gli uomini cessano di essere padroni del loro destino: sono le cose a plasmare quest’ultimo. Dimodoché il Capitale sembra acquisire lo stesso ruolo che aveva il fato nella tragedia greca, con una differenza sostanziale, tuttavia, inerente alla dimensione morale. Quando gli eroi antichi venivano puniti per la loro hybris, era a un’idea di giustizia che tale punizione si rifaceva: il contatto ‘visivo’ tra la divinità e la creatura era ancora ben presente. Il Capitale, nei confronti degli uomini, sembra porsi, invece, alla maniera di Azathoth, il dio cieco e idiota che gorgoglia e bestemmia al centro dell’universo, descritto da P.H. Lovecraft nel suo Ciclo di Cthulhu…
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