La teoria della ‘città competitiva’ e della ‘classe creativa’, la rigenerazione urbana, i bandi socio-culturali e gli abitanti short-term, la rendita immobiliare e i grandi attrattori, la cessione del pubblico al privato: le interazioni circolari che favoriscono la gentrificazione e depotenziano le forze sociali un tempo critiche. Con uno sguardo a Milano
“La Bloomberg Way è un concetto di governance in cui la città è gestita come un’azienda: il sindaco è l’amministratore delegato, le imprese sono clienti, i cittadini sono consumatori e la città stessa è un prodotto brandizzato e commercializzato.” (1) Jeremiah Moss, autore di Vanishing New York: How a Great City Lost Its Soul “[…] L’urbanismo è la presa di possesso dell’ambiente naturale e umano da parte del capitalismo che, sviluppandosi conseguentemente in dominio assoluto, può e deve ora rifare la totalità dello spazio come suo proprio scenario.” Guy Debord, La società dello spettacolo
Città. La sociologia urbana non ne dà una definizione univoca, trattandosi di una realtà molteplice e in continuo mutamento e dunque non cristallizzabile in un concetto astorico. Tuttavia una base da cui partire si può trovare nella formula di Max Weber del 1921, che la identifica come un insediamento circoscritto in cui sono localizzati edifici e abitanti. A questo ritratto puramente geografico, nel corso del Novecento differenti studi e teorie si sono concentrati sulle caratteristiche e le dinamiche sociali, economiche, politiche e culturali, individuando la città come una forma specifica di organizzazione socio-spaziale: un insieme di edifici e strade e un insieme di relazioni fra esseri umani, un luogo fisico ma soprattutto un luogo sociale; un’organizzazione materiale all’interno della quale si dispiegano le relazioni sociali, favorendo o frustrando la loro ricchezza e la loro significatività collettiva, secondo il noto urbanista Lewis Mumford.
Nel 1999 la rivista internazionale Urban Studies segna una cesura: dedica un numero monografico a quelle che definisce le “città competitive”, dando risalto alla lettura puramente economicistica della sociologia urbana e ufficializzando l’entrata del pensiero neoliberista nelle politiche cittadine. Il pubblico – il welfare delle case popolari e dell’assistenza ai cittadini più poveri così come la gestione del patrimonio culturale e architettonico – cede il passo alla privatizzazione e alle partnership pubblico/ privato, e la città diviene un “moltiplicatore della crescita economica” e un “centro di innovazione” che deve competere sul mercato delle città globali per attirare capitali e investimenti.
Appena tre anni dopo, nel 2002, lo studioso di sviluppo economico e urbano Richard Florida pubblica The Rise of the Creative Class: il libro è immediatamente acclamato e per qualche anno il suo autore si ritrova impegnato in un giro di conferenze da tutto esaurito, chiamato da amministrazioni locali, istituzioni varie e fondazioni, a portare la teoria delle “tre T”: Tecnologia, Talento, Tolleranza. Florida afferma che la crescita delle città – le città competitive, ovviamente – dipende dalla loro capacità di attrarre la “classe creativa”, che individua, a grandi linee – e senza fare distinzione tra precari e professionisti ben pagati – nei lavoratori digitali come nei designer, negli architetti, ingegneri, artisti, editori, docenti universitari… in tutti i “creativi di professione” insomma, nei più diversi ambiti: sono loro i portatori delle tre T – e contemporaneamente le cercano – e la loro presenza in un territorio produce forza attrattiva nei confronti di capitali, aziende innovative, investimenti e, in un benefico circolo vizioso, altre persone creative.
La Tecnologia è fondamentale per lo sviluppo economico del futuro, il Talento è il ‘capitale umano’ dei creativi e la Tolleranza è la loro apertura alla diversity, registrata da Florida attraverso indici che analizzano la popolazione residente in una città, come il Melting Pot Index (percentuale di persone nate all’estero), il Gay Index (percentuale di omosessuali) e il Bohemian Index (percentuale di scrittori, pittori, scultori, attori ecc.). Come attrarre questi re Mida? Florida sostiene che la classe creativa, nella scelta del luogo in cui vivere, non è particolarmente vincolata dal lavoro: è più lo stile di vita anticonformista, multiculturale, dinamico e cosmopolita a pesare sulla decisione; una “Street Level Culture” che può includere una “miscela brulicante di caffè, musicisti da marciapiede e piccole gallerie e bistrot, dove è difficile tracciare il confine tra partecipante e osservatore, o tra creatività e i suoi creatori”.
La ‘città competitiva’ del terziario avanzato trova così i suoi abitanti ideali nella ‘classe creativa’, e si avvia la trasformazione concettuale della città post industriale e post welfare state: da comunità sociale aperta a tutti, essa diviene un’organizzazione da mettere a valore secondo la logica d’impresa, e a tal fine è prettamente rivolta a – e strutturata per – una particolare tipologia di persone. Ma quale valore dà la misura di una città, ed è dunque da incrementare, per attirare gli investitori finanziari internazionali? Quello della rendita immobiliare.
“Quel che ho cercato di fare, e penso di avere fatto, è stato creare valore per gli investitori, ogni singolo giorno di lavoro”, dichiara al termine del suo mandato Michael Bloomberg, sindaco di New York dal 2002 al 2012, come riportato da Jeremiah Moss nel suo libro Vanishing New York: How a Great City Lost Its Soul; Bloomberg ha riorganizzato il 40% della città e demolito quasi 25.000 edifici in un’ottica di ‘riqualificazione’ orientata alla ricchezza (2). E New York, come Londra, Barcellona, Madrid, Parigi, Berlino, San Francisco… sono le città di riferimento – e le concorrenti da battere – per Milano, Torino, Bologna, Firenze, Roma, Napoli…
Gentrificazione e turistificazione sono le ricadute pratiche della teoria della città competitiva, e i processi grazie ai quali cresce la rendita immobiliare. Due dinamiche tutt’altro che lineari. Concentriche, piuttosto, per tutti gli elementi che mettono in campo in una interazione circolare, riuscendo persino a inglobare le stesse forze sociali critiche, che si ritrovano così depotenziate o del tutto annullate.
Ciò che va sottolineato, è che nell’esplosione del caro-affitti – denunciato recentemente anche dagli studenti universitari con le tende piantate davanti agli atenei – non gioca affatto il libero mercato e la semplice logica della domanda e dell’offerta; sono meccanismi che certamente si innescano, ma in seguito a precise scelte operate dalla politica locale.
La rendita immobiliare
Nel 1979 il geografo Neil Smith sviluppa la teoria del divario della rendita immobiliare, analizzando in quattro fasi il ciclo di vita di un edificio residenziale…
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