Giovanna Cracco e Alessandro Rettori
Si Cobas e CUB, trattativa sindacale: tutto da rifare. Lavoratori ancora appesi
Hotel Excelsior Gallia di Milano: ne abbiamo scritto qui, a novembre, in un’inchiesta che a breve avrà un seguito con un secondo articolo. In una rapida sintesi: a marzo l’hotel chiude a causa della prima ondata Covid-19 e gli 80 lavoratori, tra cameriere ai piani, facchini ecc. che vi lavorano come manodopera esterna in appalto – formalmente dipendenti della società Ho Group srl – rimangono a casa con circa 300 euro mensili di cassa integrazione come sola entrata. A luglio i tre soci di Ho Group (Attardo, Borriello e Monteleone – A, B e M per comodità), dopo aver proposto agli 80 lavoratori una conciliazione tombale – proposta che i lavoratori rifiutano – si rendono irreperibili; nel frattempo i lavoratori scoprono che i contributi non sono stati versati mentre la maternità non viene pagata, la malattia nemmeno, neanche i rimborsi 730. Nulla. Come abbiamo mostrato nell’inchiesta di novembre, A, B e M sono al centro di una galassia di coop e srl poco chiara e di vendite a prestanome ottantenni, ma non è questo il focus ora (lo sarà nell’articolo che uscirà a breve); qui la questione è l’appalto del Gallia e i lavoratori. L’hotel infatti riapre a fine ottobre 2020, affidando l’appalto a X* – una società vicina alla galassia di A, B e M. Si Cobas e CUB, quindi, iniziano a novembre una trattativa sindacale per fare assumere a X* i lavoratori di Ho Group legati al Gallia. Ed è qui che siamo, in questa intervista a Simonetta Sizzi di Si Cobas. Perché l’appalto è, di nuovo (!) passato di mano.
C’eravamo lasciati con l’appalto del Gallia in mano a X* e una negoziazione in corso per il passaggio dei dipendenti da Ho Group a X*. Cosa è successo?
Che il 30 dicembre il Gallia ha tolto l’appalto a X*. A noi sindacato è giunta voce, quindi il 2 gennaio abbiamo subito scritto a X* per avere conferma e X* ha confermato.
E chi ha l’appalto ora?
Papalini, una grossa azienda che lavora in altri hotel di lusso a Milano. L’abbiamo sentita e verbalmente si sono detti disposti a incontrarci per valutare l’accordo che stavamo firmando con X* e l’elenco dei dipendenti che era sul tavolo.
Quel che voglio puntualizzare è che in questa situazione, i punti chiave sono due. Innanzitutto Papalini non ha vinto una gara d’appalto. Il Gallia continua a dare appalti provvisori dicendo che poi farà una gara d’appalto, quindi la stessa Papalini dice: “Va bene, ci incontriamo, vediamo il vostro verbale di accordo, ma non è detto che quando ci sarà una gara d’appalto la vincerò io, quindi non è detto che in futuro ci sarò io”. Quindi questo continuo giochetto da parte del Gallia di affidare appalti provvisori per poco tempo vanifica tutti i nostri sforzi di accordi: prima c’era Ho Group, poi X*, adesso Papalini…
Quindi anche X* aveva un appalto provvisorio?
Sembra di sì. E ora ce l’ha anche Papalini. E dopo aver cercato un accordo con X* ora lo cerchiamo con Papalini, e se poi la gara d’appalto non sarà vinta da Papalini si ricomincia tutto da capo. Di questa situazione è responsabile il Gallia – che, ricordo, dall’estate scorsa non ha mai nemmeno risposto alla nostra PEC, alle nostre richieste di vederci, neanche quando siamo andati in prefettura per chiedere un incontro. Il Gallia ha aperto, chiuso, riaperto… ha convenienza a fare appalti provvisori. Ma questo si traduce in lavoratori che vengono utilizzati qualche mese e poi rimangono a casa, e non va bene. Non si può cambiare appalto ogni quattro mesi!
Il problema di fondo è l’appalto di manodopera: questi lavoratori dovrebbero essere assunti direttamente dal Gallia, per come è strutturato il lavoro… (vedi inchiesta)
Esatto.
Ma non c’è l’obbligo di mantenere i dipendenti, con il cambio appalto?
In questo caso no, perché il CCNL Turismo non lo prevede; il passaggio diretto c’è nel Multiservizi. Se il contratto fosse stato Multiservizi non c’era bisogno di fare alcuna battaglia sindacale perché i lavoratori passavano per legge alla nuova impresa subentrante nell’appalto.
Quindi senza il passaggio obbligatorio, quando un appalto viene chiuso i lavoratori finiscono per strada. Il Gallia ha, legalmente, qualche responsabilità in solido con la società appaltatrice nei confronti dei dipendenti? Perché sappiamo che A, B e M, i tre soci di Ho Group, oltre a essere (formalmente) spariti, non hanno pagato maternità, permessi, ferie, contributi…
Ho Group non ha pagato neanche i rimborsi dei 730, siamo a questo punto. Ma no, il committente, quindi il Gallia, è responsabile solo per il TFR e la quattordicesima. E su quel piano ci si muove per avvocati. Sono due strade parallele: con gli avvocati per farsi dare il pregresso dovuto da Ho Group e/o dal Gallia, e la via sindacale per cercare di ricollocare i lavoratori.
Dicevi che i punti chiave sono due…
Sì. Il secondo è come ha agito X*. Abbiamo fatto tre incontri in presenza tra novembre e dicembre, con Y* (amministratore e proprietario al 70% di X*, n.d.a.), Laura Villa (impiegata amministrativa di X*, n.d.a.) e il loro avvocato, fino ad arrivare al 23 dicembre quando eravamo a un passo dalla firma: beh, nessuno di loro in due mesi ha mai detto che avevano un appalto provvisorio. Ci è venuto il dubbio proprio il 23 dicembre, quando X* ci ha inviato l’accordo, non firmato come doveva invece essere, e con l’aggiunta di una frase: “Firmeremo solo se il Gallia confermerà l’appalto per 12 mesi”. Noi abbiamo tolto la frase e l’abbiamo rimandato, perché così non eravamo disposti a firmarlo, dopodiché non abbiamo più saputo nulla. A distanza di pochi giorni ci è arrivata la voce che il Gallia aveva tolto l’appalto a X*, dandolo a Papalini.
Cosa eravate riusciti a ottenere nell’accordo?
Al primo incontro conoscitivo avevamo chiarito di volere l’assunzione dei lavoratori Ho Group che erano collocati al Gallia, non appena l’albergo avesse pienamente riaperto, ovviamente – anche ora le camere occupate sono pochissime. Ci sono state discussioni, anche perché X* aveva spostato al Gallia i lavoratori in ‘esubero’ di altri appalti in altri alberghi (anch’essi chiusi o con poche camere impegnate) e perché aveva già dipendenti in cassa integrazione e quindi, per legge, non poteva assumerne di nuovi senza prima togliere dalla CIG gli altri; dunque, in sostanza, l’assunzione immediata era impensabile.
Poi c’è stata una forte discussione al secondo incontro, perché X* voleva inserire nell’assunzione il periodo di prova, e noi abbiamo detto categoricamente: no. Stiamo parlando di persone che lavorano al Gallia da quattro, cinque, sei anni, non hanno alcun bisogno di essere messi in prova. Chiaramente X* voleva il periodo di prova perché così, se un lavoratore avesse fatto cadere anche solo uno spillo, poteva essere licenziato. E devo aggiungere che Laura Villa è stata anche capace di dire che poiché i lavoratori non facevano nulla da marzo, potevano aver perso la mano: una totale mancanza di rispetto nei confronti dei lavoratori, della loro professionalità, e nel confronto del fatto che percependo una miseria di CIG, si danno eccome da fare per cercare di lavorare, altro che non fare nulla!
Oltre a questo, X* voleva decidere autonomamente chi reintegrare, e anche qui ci siamo opposti. Alla fine siamo riusciti a eliminare il periodo di prova e ad accordarci su una graduatoria per le assunzioni, compilata di comune accordo, in base all’anzianità. Dunque, alla fine, accordo raggiunto, pronti a firmare, siamo al 23 dicembre e salta tutto.
Di quanti lavoratori stiamo parlando? Ho Group al Gallia ne impiegava circa 80…
Iscritti Cub e Si Cobas ne sono rimasti 40, di cui 5 in maternità. Alcuni hanno trovato un altro lavoro, altri hanno preferito la disoccupazione. Non so quanti siano i lavoratori degli altri sindacati, anche se noi la trattativa la facevamo per tutti, ovviamente.
Stanno almeno prendendo la cassa integrazione?
Sì. È stata rinnovata fino al 30 novembre, e adesso c’è tempo fino al 31 gennaio per rinnovarla ancora. Speriamo che Ho Group la rinnovi, visto che la cassa Covid è interamente a carico dello Stato quindi non gli costa nulla.
E adesso che succede?
Aspettiamo di incontrarci con Papalini, gli abbiamo rappresentato l’urgenza; e torniamo a muoverci con delle iniziative.
Quindi presidi sotto il Gallia. Si riparte…
Sì. Anche se i lavoratori ora sono a pezzi perché eravamo a un passo dalla firma. Siamo in ballo da mesi, prima con Ho Group che propone un tombale e poi sparisce, poi con X* che porta avanti una trattativa facendoci solo perdere tempo, e il Gallia che neanche risponde. Ma continueremo a lottare.
CUB, Slai Cobas e Si Cobas hanno scritto una lettera aperta indirizzata a Regione Lombardia, Prefettura, Comune, Ispettorato e INPS di Milano sulla situazione dei lavoratori del settore alberghiero: denunciano l’esternalizzazione dei servizi, divenuta la norma negli ultimi quindici anni, i cambi appalti improvvisi, il lavoro a cottimo e la diffusione del CCNL Pulizie/Multiservizi in sostituzione dei CCNL del Turismo, con conseguente ribasso del 20% della retribuzione per i lavoratori. Il 15 gennaio saranno in presidio sotto la Prefettura con i lavoratori del settore alberghiero di Milano, chiedendo l’apertura di un tavolo permanente di confronto.
*Aggiornamento 7 marzo 2024: i nomi sono stati coperti e sostituiti con X* e Y* su richiesta di esercizio del diritto all’oblio; richiesta che Paginauno rispetta dal momento che i soggetti interessati sono risultati estranei alle procedure giudiziarie che hanno coinvolto le società del gruppo HPoint
Aggiornamenti, 28 gennaio 2021: leggi la seconda parte dell’inchiesta
13 marzo 2021: Galassia HPoint. Sempre più difficile avere i soldi: si sommano le cause dei lavoratori
16 luglio 2021: Si Cobas e CUB sono riusciti a sottoscrivere un accordo con l’azienda Papalini a cui l’hotel Gallia ha affidato l’appalto per i prossimi tre anni. I lavoratori sono stati riassunti da Papalini, con il riconoscimento delle condizioni contrattuali ed economiche precedenti, mantenendo il tempo indeterminato, i livelli e i parametri contrattuali, con armonizzazione migliorativa al CCNL Turismo
27 luglio 2021: leggi la terza parte dell’inchiesta
5 agosto 2021: leggi la quarta parte dell’inchiesta